Mestieri
marinaio, artigiano, imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiore (accademia navale)Paesi di emigrazione
Argentina, Bolivia, Perù, ColombiaData di partenza
1925Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Il successo delle statuine di marmolina è notevole e i tre cecinesi decidono di espandersi in Sud America. Dopo varie peregrinazioni e alterne fortune in Bolivia e Perù, Serretto e M. giungono in Colombia.
Arrivati a Puerto Colombia, un trenino che veniva alimentato a legna ci portò a Baranquilla, nel gennaio del 1927, dove ci preoccupammo subito di trovare una casa che ci potesse servire da alloggio e da fabbrica. Trovammo una bella casetta abbastanza centrale e non eccessivamente cara, proprio all’angolo di due strade. […]
Ai 42 giorni dal nostro arrivo ci consegnarono, opportunamente sdoganati, 10 barili di polvere d’alabastro e 10 di allume. Un carico complessivo di più di 5 tonnellate. Una quarta parte la inviammo a Cali a P. e M. perché potessero cominciare a lavorare nella piazza di Cali ed il resto rimase a noi, perché dovevamo coprire le piazze di Baranquilla, Cartagena e Santa Marta, nonché, più tardi, Medellin.
Intanto, se tutto fosse andato per il meglio, avremmo inviato quanto prima il valore del materiale ricevuto ed avremmo pensato ad una nuova ordinazione per poter lavorare nelle piazze più importanti della Repubblica e precisamente Bogotà come capitale, dove avremmo dovuto installare la fabbricazione e di lì spingerci, con le statuine ben impaccate in scatoloni e barili, fino alle piazze di Bucaramanga e Cucuta, al nord e nord/est e ad Armenia, Pereira e Manizales, verso l’occidente.
Per circa due mesi lavorammo intensamente: S. nella produzione, aiutato saltuariamente da me, da G. e da due peones di sesso femminile. Io e U. avevamo la funzione di venditori. Saturammo rapidamente tutta la città di Baranquilla, vendemmo qualcosa in Puerto Colombia e poi U. se ne andò con un discreto carico di statuette a Santa Marta e di lì, dopo un invio di vari cassoni contenenti un centinaio di statuette, se ne andò a lavorare nella piazza di Medellin.
Io lavorai bene nella città di Cartagena. Le famiglie benestanti di questa, chiamata la “città eroica”, o “la perla viva del Carribe”, perché la gente danarosa amava darsi nobili intendimenti e trattandosi sia pure di riproduzioni delle opere più rinomate del rinascimento (credute di puro marmo) le compravano senza badare al prezzo, sempre convinti di aver fatto un buono e artistico acquisto.
Tornai a Baranquilla, consegnai il valore netto ricavato in una ventina di giorni di vendite e in combinazione con P. e M. che sarebbero dovuti partire da Cali per Bogotà, anch’io pensai di raggiungerli nella capitale, portando loro altro materiale ed un’altra quantità di modelli nuovi che nel frattempo ci erano arrivati dall’Italia.
Nel mese di marzo, mi pare il 12 di quel mese, dopo circa tre mesi di separazione, mi ricongiunsi con i miei due amici nella capitale e, nella calle 5, fra la carrera 11 e 12, in una vecchia casuccia, istallammo la fabbrica che battezzammo, con tanto di carta intestata: “Sociedad Italiana de Arte y Escultura”.
Il viaggio
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