Mestieri
marinaio, artigiano, imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiore (accademia navale)Paesi di emigrazione
Argentina, Bolivia, Perù, ColombiaData di partenza
1925Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Serretto Serretti ha deciso di emigrare, ma gli manca una certa somma di denaro per affrontare il viaggio con altri due cecinesi intenzionati ad avviare un commercio in Argentina.
Tornai subito a casa e parlai a mamma: d’altronde era lei che sempre aveva preso le decisioni nei momenti più gravi. Le raccontai delle mie bugie riguardo allo sbarco dal Vallescura; le spiegai il motivo per il quale dovevamo quel giorno partire verso Riparbella e poi le presentai i vari dilemmi. Escluso a priori quello di piegare la schiena e lo spirito di fronte alla prepotenza fascista, non mi restavano che tre alternative: emigrare, e mi se ne era provvidenzialmente presentata l’occasione, finire in galera, dove ero già stato, o peggio ancora finire al cimitero. Mia madre aveva un grande spirito e tanta intelligenza. Comprese subito e scelse: “Partirai con loro per l’America”.
“Però – dissi io – per poter far parte della loro compagnia nella fabbrica di mattonelle mi occorreranno ben tredicimila lire più le spese di viaggio”.
“Non ti preoccupare per questo, figlio mio, dentro la settimana tu avrai quindicimila lire. So io come trovarle. Intanto occupati subito di ottenere il passaporto”.
Il giorno dopo, immediatamente, mi recai a Volterra – Cecina apparteneva alla provincia di Pisa, ma al circondario di Volterra – e, in meno di 24 ore ebbi il passaporto. Se, a quel tempo, com’avvenne uno o due anni dopo, Cecina fosse stata sotto la provincia di Livorno, io non avrei mai ottenuto il passaporto e sarei stato, così, silurato in pieno.
Ecco come certi fattori imponderabili concorrono a stabilire la traiettoria di una vita: il cosiddetto destino! Alla settimana dal giorno della famosa pentola di fagioli, io e gli altri due eravamo già a Genova, a due giorni dalla partenza del vapore.
In piazza De Ferraris c’era l’hotel più lussuoso della città. U. che era il più anziano nonché il tecnico della fabbrica di mattonelle, scelse proprio quest’hotel: il più caro, come si addice a quelli che sono già industriali, ma non atto a noi, che ancora eravamo ai primissimi passi.
Io mi risentii. Dissi che non era giusto che si cominciasse così a buttare via centinaia di lire. M. alzò le spalle, e U. si difese, dicendo che per una o due notti non ci avrebbe, questa scelta, mandato in rovina. Abbozzai.
Il viaggio
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