“La mia Buenos Aires”
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Mestieri
commercianteLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1951Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Capezzone esprime in poche righe la sua affezione alla città che, da quasi mezzo secolo, lo ha accolto.
Buenos Aires non è solamente la capitale argentina, per tutti i milioni di emigranti, spersi in America latina, e se la terra di sbarco, è il principio e la fine di molti sogni, di molte illusioni, di nostalgia dei immigrati e di speranze nuove. Nel supporto si arriva e poi si sbarca, per poi allontanarsi verso le grandi pianure dette pampas, verso le grandi foreste impenetrabili, verso i grandi fiumi e pure per arrivare fino al the must maestose catene di montagne chiamate Ande. Le stesse Ande, che il the Amicis nomina in un racconto del libro Cuore.
Montagna altissima, aride e selvaggio, che sono la colonna vertebrale tra l’Argentina, il Cile, Bolivia e del Perù. Montagne molto caro al mio cuore, perché le conosco benissimo, le scalo e le amo con devozione, ai suoi piedi a casa mia, dove nacquero i miei figli e nipoti. “Buenos Aires, la Reina del Plata” dice una bella canzone Argentina, ed è vero. E sei proprio la regina del fiume Plata, il grande fiume che divide ed unisce loro guai e l’Argentina.
Questo grandissimo fiume, che sembra mare, chiamato il fiume d’argento, e la stessa vita di Buenos Aires e sulle sue sponde dorme e sogna. Buenos Aires, in italiano vuol dire “buone arie” e chissà la chiamarono così i “conquistadores espanoles” quando arrivarono e la scoprirono […].
Ogni volta che vado a Buenos Aires, percorro 1100 km di pampa, la grande pianura, vasta com’è il mare e quando arrivo, mi sento in casa mia, mi sento bene, protette da amato da questa città, mamma e nonna di milioni di emigranti di tutte le nazioni della terra, io sono uno di essi e ne vado fiero. Tutte le virtù, tutti difetti, tutte le arti, le poesie, le sculture, tutte le canzoni, tutte le lingue, tutti dolori e tutte le gioie, vivono e muoiono in questa grande città, accogliente, cosmopolita e strana.
[…]
Il quartiere chiamato “la Boca” è una piccola Italia vera e propria. Lì si parla il dialetto genovese e quello napoletano, mischiato allo spagnolo e ne nasce un avere propria lingua folklorica, detta “Lunfardo”.
Il tango poi, e l’anima di Buenos Aires, il suo passaporto, l’essenza stessa di questa città che non dorme mai e che se ti piglia, non ti abbandona più fino alla morte. Io questa città la conosco da cima a fondo, conosco il suo cuore, grande come una casa, conosco le sue viscere, conosco i suoi occhi e conosco pure le sue miserie, sono immense ricchezze e i suoi dolori, come pure le sue gioie. […]
Ancora oggi, sento che Buenos Aires mi sussurra all’udito: “Sbarca senza paura, ragazzo montanaro, non temere, io ti aiuterò, ti darò il lavoro, cibo ed un tetto; ti insegnerò a parlare la mia lingua e ti proteggerò, non aver paura ragazzo, qui potrei vivere, progressare e chissà un giorno, troverai la compagna della tua vita… Su… Sbarca, vieni… Io ti accompagnerò sempre”.
Il viaggio
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