Due mondi sulla stessa nave

In navigazione nell’Oceano Indiano – 31 agosto 1952

Siamo in navigazione e la turbonave “Sydney” corre sicura verso Colombo, nell’isola di Ceylon, col suo carico di emigranti diretti in Australia. E questi nostri connazionali vanno in cerca di altra terra, non dimentichi di quella dei loro padri, con un carico di dolci ricordi e di molte speranze. È la terza volta che il servizio di Stato mi impegna ad accompagnare oltre oceano nostri emigranti. Tutti hanno lo stesso volto, un volto ispirato a mestizia e ogni tanto, specie al tramonto o sotto le stelle, si ode un canto, un coro nostalgico che stringe il cuore.

Vorrei stringerli tutto al mio cuore. Sono tutti buoni qui sulla nave: quando ci si allontana dalla Patria ci si sente veramente fratelli. Non sono qui a bordo per diporto, come alcuni passeggeri di prima classe, ma uomini costretti dal bisogno che viaggiano su questa nave in cerca di lavoro e di un migliore avvenire. Sono tante le persone che per la prima volta hanno lasciato il proprio paese e vanno così lontano e vi sono tante mogli che raggiungono i mariti per ricongiungersi dopo lungo sofferto distacco, e con le mamme vanno anche i loro figlioletti, piccole ignare creature; e il babbo laggiù ansioso li attende per riprenderli sotto la sua protezione e ricomporre la famiglia e avere la gioia del loro sorriso, a compenso delle sue sudate fatiche. È gente semplice, sana, veramente buona.

Quanti contrasti, invece, con la prima classe di bordo, dove si aggirano persone spensierate, gaudenti, piene di ricercatezze e di frivolezze: laggiù, nei ponti bassi, il mondo sano; su in alto il mondo sostanzialmente corrotto; da una parte il lievito della vita, dall’altra l’insidioso microbo.