Il lebbrosario di Bombay

Una visione da fare rabbrividire. Sotto una fitta pioggia, scendiamo dalla strada per una piccola scarpata e ci troviamo vicino ad un fiume d’acqua marrone. Tutto intorno baracche tra il fango ed un puzzo indescrivibile dato anche dalla distillazione abusiva dell’alcool e dalle bufale che abbiamo visto vicino alla strada. I bambini accorrono al nostro arrivo e gli adulti (almeno quelli che si reggono in piedi) si affacciano alle aperture delle capanne, abbassando il capo e portando le mani giunte in segno di saluto. Camminiamo in mezzo al fango e allo sterco cercando di posare i piedi sui sassi sporgenti ed a fatica riusciamo a passare tra una baracca e l’altra con l’ombrello aperto. Tutti sorridono al nostro passaggio. Cerchiamo di ricambiare il sorriso ma il nostro più che un sorriso è un pianto a stento trattenuto. Le tre giovani suore e la Madre Superiora, tutte indiane che vivono nel Lebbrosario ci accolgono gioiose. Esse lavorano e vivono in mezzo a questi poveretti in due stanzette in muratura (in complesso non più grandi di una nostra comune saletta). Ci racconta Padre Alessi che solo da poco con l’aiuto della Missione Salesiana DON BOSCO, le suore hanno questo ambiente tutto per loro, mentre prima dormi=vano per terra nello stanzone squallido che serve da ambulatorio-ospedale senza neppure i servizi igienici. “Cosa vi possiamo offrire?” ci chiedono con gentilezza. Proprio loro che non hanno nulla! Lo spettacolo è tanto desolante che mi si stringe il cuore e soprattutto lo stomaco. Una prima fetta di aiuti che abbiamo portato dall’Italia doverosamente rimarrà lì. Non mi pare ancora vero di trovarmi in mezzo a dei lebbrosi veri. Ne avevo letto, sentito parlare e visto anche delle fotografie sulle riviste.