La messa in Africa

Arriviamo all’aeroporto di Kinshasa, capitale dello Zaire, alle sei del mattino dopo un volo di quasi sette ore durante la notte con l’unico DC 1O della compagnia di bandiera che intrattiene le comunicazioni con l’Europa destinazione Bruxelles. Subito avverto il clima afoso e umido che rassomiglia ai giorni più caldi e afosi di luglio-agosto in Pianura padana. Durante le operazioni di sbarco e le formalità di polizia ho il primo impatto con la realtà sociale del paese: richiesta di denaro per mancanza di vaccinazione anticolera (non obbligatoria) per lasciarmi passare e rissa dei facchini per accaparrarsi il trasporto dei bagagli.

La sera assisto per la prima volta alla messa in rito zairese della durata di circa tre ore. La chiesa, molto grande, è completamente piena. Il canto e la musica locale animano i vari momenti dell’assemblea. C’è un coro numerosissimo ma tutti si uniscono per cantare. Il suono della musica è prodotto da strumenti tipici locali fra cui il tam-tam. Il canto è ritmato dal battere delle mani. Il sacerdote porta un berretto di pelle di leopardo e in mano ha un corto bastoncino con dei lunghi peli all’estremità superiore. Il tutto ha il fine di evocare lo spirito delle assemblee tradizionali locali presiedute dal capo. Le danze di cui ho sentito parlare non sono che accennate, durante il canto, con un leggero ondeggiamento dei fianchi e delle spalle.