Mestieri
attore, gestore di un cinemaLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
VenezuelaData di partenza
1948Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)In un periodo di inoccupazione, Vittorio Papa trascorre il suo tempo in una biblioteca universitaria.
Sono passati due mesi e mezzo e con rammarico ritorniamo a Caracas, dopo esserci goduto un lavoro leggero e ben pagato, la camionetta Chevrolet è pronta per noi e l’arrivo a Caracas ci salutiamo affettuosamente. Arrivo prestamente a casa mia, dei miei cari familiari, e verso subito alle mani di mamma 2300 Bolívar; confrontiamo i nostri guadagni, il paragone che faccio con Francesco fa pendere la bilancia a mio favore, ma di poco, perché io sì con il mio lavoro saltuario guadagno di più, ma mio fratello è poco ma sempre continuativo. Ora mi godo la vita a Caracas da vero disoccupato, impiegando le mie giornate recandomi al centro dove frequento la biblioteca universitaria, unica mia passione con la lettura dei libri numerosi in lingua italiana. Ma… Una mattina mentre stavo in sala lettura, sento gridare forte, con corse nei corridoi e rumori insoliti, anch’io mi alzo e mi dirigo verso il grande cortile dove c’è il grande portone d’ingresso, e proprio lì una folla di studenti si precipita a chiudere i battenti, per impedire alla polizia di entrare all’università, mentre altri armati di pistole, si appostano ai finestroni che guardano la piazza, iniziano una sparatoria sulle forze di polizia. Gli studenti gridano “Abbasso la giunta militare di governo“ e si impegnano seriamente anche a creare una grande sparatoria; il parapiglia è generale ed io non so cosa fare, la polizia risponde, e lancia nell’atrio bombe lacrimogene mentre i soldati sforzano con dei grandi colpi il portone d’ingresso, io mi trovo senza volere coinvolto in una rivoluzione aggravato dal fatto che sono uno straniero, già alcuni anni fa un’altra sommossa studentesca fu soffocata nel sangue, perché tre ragazzi furono fucilati e molti furono condannati al Kalabozo, cioè al carcere duro, Io perciò penso bene di tentare di squagliarmela alla chetichella senza dare nell’occhio, così infilo lo scalone centrale, mi dirigo al grande corridoio, dove in fondo ci sono le toilette, entro nel locale uomini e guarda attentamente se ci fosse una via d’uscita ma purtroppo non c’è nulla, e uscendo penso di dare uno sguardo anche al locale femminile, difatti vedo subito all’angolo della parete una finestrella rettangolare ad un paio di metri dal suolo che potrebbe benissimo servire a farmi evadere […] La trovo maledettamente stretta, allora la forza della disperazione mi aiuta, in forza di spingere mi proietta al di fuori, che avendo finalmente a terra, trovando in cortile fortunatamente senza nessuno, guadagno rapidamente l’uscita, mi trovo in una via materiale della piazza, già intasata dal fumo delle esplosioni alle bombe lacrimogene, intravedo poco lontano un gruppo di soldati portati alla parte opposta; la fortuna con me e mi dilegua rapidamente tra le strade intorno a Piazza Bolívar […]
Il viaggio
Mestieri
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