Lo zuccherificio

Il 12 maggio raggiunsi Villabruzzi, sede dello zuccherificio. La civiltà, con le sue automobili, gli aerei, i suoi agi, il progresso, rimasero per me bloccati in città. La vera Africa, col deserto, i monsoni, la miseria, è fuori porta, direbbero i romani. Villabruzzi dista Mogadiscio solo 90 km ma, in macchina, ci si impiega più di due ore per le pessime condizioni del fondo stradale. Villabruzzi ricorda il Duca degli Abruzzi (Luigi Amedeo di Savoia Aosta, Ndr). Si deve a lui il grande zuccherificio e le aziende modello create sulle rive del fiume Uebi Scebeli. La tomba del Duca è ancora ben visibile ed imponente nel piccolo cimitero del villaggio. Lo zuccherificio e le aziende, nel 1960 furono cedute al Governo somalo nel quadro dell’assistenza tecnica voluta dagli accordi internazionali. Gli alloggi per gli operai celibi consistevano in baracche di legno sollevate da terra per circa un metro. I servizi igienici erano tutti all’esterno o in comune per più baracche come in comune era il servizio mensa e cucina. Alle famiglie erano riservati piccoli appartamenti sufficientemente funzionali. Io appartenevo alla categoria dei celibi e vi occupavo un monolocale in una baracca di legno. Al mio arrivo, la fabbrica era in manutenzione praticamente smantellata nella sua struttura meccanica per una revisione completa ed accurata. Mi son trovato subito a disagio con i compagni di lavoro i quali, avendo a che fare con maestranze indigene, trovavano superfluo ogni più elementare accorgimento per la prevenzione infortunistica.