Lo straccio e il secchio

Uno dopo l’altro, salgo e pulisco facendomi precedere dal secchio. Uno dopo l’altro, con lo straccio e l’unto di gomito faccio brillare gli scalini di questo grattacielo. Una notte dopo l’altra fino alle prime luci del giorno che precedono l’arrivo di quelli che lavorano. Arrivano con l’ascensore, molto eleganti e molto cortesi, alcuni mi salutano. Per quattro notti, dal lunedì al giovedì, dal pianterreno all’ultimo piano. Il lavoro non è esaltante, ho già provato in un cantiere ma un infortunio mi ha fatto capire che fare il manovale in un cantiere non è pane per i miei denti. Rinunciare a tutto per i propri principi costa caro. Non sono più uno da rispettare nel proprio paese, sono quasi nessuno in un paese straniero. Quant’è duro salir l’altrui scale… Uno dopo l’altro, i ricordi della mia vita in Italia sì susseguono come gli scalini da pulire e le lacrime si mescolano con il detersivo. Ancora una volta sono arrivato in cima, è il venerdì mattina di un’altra settimana. “Buon giorno”. Distolgo l’attenzione dal mio lavoro; mi sta salutando, in un discreto italiano, un signore che vedo tutte le settimane. Mi saluta sempre ed è molto gentile ma ha un nome difficilissimo, è polacco. Arriva verso le sette, esce dall’ascensore, saluta e sparisce dietro una grande porta, l’unica dell’ultimo piano. Di fianco alla porta una grande targa d’ottone: Cfmb Corporation Net Work. Si tratta di una stazione radio multilingue, da qui partono le trasmissioni in lingua italiana. Tre ore al giorno la domenica invece tre ore al mattino e tre il pomeriggio. Il signore gentile, Mister Stantchiacowsky, è il presidente di questa stazione. Molte volte, quando arriva in anticipo, si ferma a parlare dell’Italia e di Firenze. Così mi aveva conosciuto, ma non sapeva chi ero. Quella mattina la nostra conversazione si fece più lunga ed interessante. “La prossima settimana vado a Firenze, ho chiesto un colloquio con il Direttore tecnico della Rai, presso gli uffici di Piazza Santa Maria Maggiore”. Sento come se un pugno mi colpisse in pieno petto: “Conosco l’Ingegner Guerrieri, è stato mio insegnante all’istituto, brava persona -lui mi sta ad ascoltare interessato e io vado avanti compiaciuto, forse questa volta potrò farmi conoscere- sa com’è, finita la scuola ci siamo visti e sentiti qualche volta, ho avuto bisogno di lui per dei ponti radio quando lavoravo in Italia. Il tempo passa e ci perde di vista. Per favore gli porti i miei saluti, gli dica che mi ha visto per caso… al Consolato o al Circolo Culturale, veda un po’ lei”. Mi guarda incredulo: “Posi lì il secchio e lo straccio e venga con me”. Come un povero demente, metto il secchio e lo straccio in un angolo e lo seguo. Mister Stantchiacowsky non sarebbe più andato a Firenze, almeno quella volta, ed io sarei stato quello che doveva portare avanti il suo ambizioso programma. Mettere in onda tutte le domeniche da quella stazione, collegandosi direttamente dall’Italia: il secondo tempo di una partita di calcio. Il tutto si doveva realizzare mediante un collegamento ad onde corte tra l’Italia e il Canada, tra la Rai e Cfmb. C’era solo da realizzare il ponte radio che avrebbe permesso questo collegamento. Su quella terrazza, in cima al grattacielo, novembre e dicembre del ’67 passarono velocissimi. Era molto difficile tenere fermi disegni e lottare con il vento gelido del nord, ma i pezzi d’alluminio dettero presto forma alla mia antenna. Dovevo terminare prima che la neve diventasse ghiaccio, prima che arrivasse il gelido gennaio, prima che quella che ritenevo un’illusione finisse.