Il regno dei rubini

MOGOK (Alta Birmania) – (1/1/1961). Mogok, la capitale di un invidiabile regno quello dei rubini dotati del miglior colore rosso vivo in natura chiamato “sangue di piccione” il più ricercato dai gioiellieri, quindi il più caro, introvabile altrove, é una piccola città sui 25.000 abitanti circondata da verdi montagne ricche di vegetazione, che danno alla conca in cui é adagiata, al suo laghetto e alle sue case coi tetti spioventi, un aspetto prettamente alpini; non mancano alcune pagode, in questo, il raro elemento esotico che ci voleva. Ma una tale prima ottima impressione ricevuta alla periferia stamani ed il convincimento di preziosità del luogo fattomi in precedenza, non hanno trovato riscontro in seguito: vie deturpate da mucchi di immondizie su cui si accanivano cani randagi e vacche; dimesse costruzioni di legno coperta da banda arrugginita; squallidi negozi di immigrati indiani; e poi nessun cartello di riferimento al commercio delle “precious stones”, perché un po’ d’inglese è rimasto in Birmania. Soltanto gente dalle curiose fogge variopinte che oggi, giorno di mercato, si pigiava tra file della più banale mercanzia ammassata o distesa per terra in una indescrivibile varietà. Eppure avevo letto ed appreso da fotografie che, non oltre un mezzo secolo fa, i rubini qui venivano messi in vendita per le strade ed esposti proprio su quei tavolini che ho veduto porre in buona vista, invece, gustose vivande preparate da esperti cinesi. Possibile che i birmani d’oggi avessero abbandonato un’usanza tanto pittoresca? Ho potuto riavermi un poco dalla delusione quando nel pomeriggio, accompagnato dall’ufficiale della posta oggi in vacanza, mi sono incontrato con un gruppo di donne vistosamente abbigliate (il Capo d’Anno è sentito anche qui), che mi hanno offerto sacchetti di tela contenenti ciò che avevano raccoltomi le miniere dove prestavano servizio, cioè rubini. Compero un sacchetto per 5 “kyats”; ne avrei spesi 300 in cambio di quattro frammenti più grossetti, se avessi posseduto una tale somma. Un acquisto più consistente l’ho effettuato poco dopo ammaestrato dalla precedente esperienza e dai consigli dell’amico. Perché è vero che a Mogok i rubini si vendono ad etti, per così dire, non quelli che valgono molto, ma chi ne è invogliato lo stesso non deve mai accedere all’alto prezzo richiesto di primo acchito. Fatta la nostra ragionevole offerta, eseguire con decisione il passaggio contrastato dal venditore, del denaro con la magica borsa dopo averne verificato, ovviamente il contenuto. Un ometto che forse aveva notato il nostro armeggiare, ci è venuto incontro estraendo di sotto il “loungy” i soliti sacchettini gonfi, quattro per la verità, ed un grosso frammento di minerale rosa diffusamente opaco nel suo frastagliato complesso e stiato da un lato, salvo ché traslucido nelle parti toccate dalla mola; certamente si trattava di una varietà del corindone a cui appartiene il rubino e lo denotava l’infallibile colore. Avevo davanti, insomma, un pezzo affascinante anche se non dotato della dovuta massima trasparenza per cui non avrebbe avuto prezzo. Stavolta sono io che offro: dico 20 dollari, quello annuisce col capo, il rubinone è mio e rifilandogli i biglietti, me lo caccio in tasca.