Autostop anni Cinquanta

Negli anni in cui compivo frequenti viaggi estivi, la mia meta preferita era quella di raggiungere la Danimarca dove a Copenhagen avevo qualcuno che mi aspettava, un’intera famiglia che mi accoglieva. Ma il vero problema per arrivarci era quello di traversare tutto il mio paese, la Svizzera e la Germania. Viaggio pesante specie in Italia ed in Svizzera senza ancora autostrade dove l’autostop non era facile. L’ultimo tratto del viaggio, l’ingresso in Danimarca dalla Germania, si poteva realizzare in due modi differenti: uno per via terra passando per Flensburg, l’altro per via mare percorrendo ad un prezzo modico due diversi tragitti. La prima volta che intrapresi un viaggio così lungo fu nel 1953 e raggiunsi Copenhagen per caso, dietro l’invito di Ebbe che avevo incontrato in un Albergo per la Gioventù di Losanna. L’Albergo era affollato di giovani, ma io avevo una mia branda mentre Ebbe dormiva al mio fianco, a terra, nel suo sacco letto. La prima sera scambiammo poche parole e, in verità, mi sentivo a disagio, comodo nella branda, mentre lui dormiva per terra. L’ultima sera prima di riprendere i nostri itinerari dissi ad Ebbe che per quella notte gli avrei ceduto il mio letto ed io avrei dormito per terra. Questo gesto venne apprezzato ma non accettato da Ebbe e la sua riconoscenza si manifestò nel descrivere i luoghi e le ragazze viste a Roma e nelle altre città d’Italia durante il suo recente viaggio. Fu in quella occasione che mi diede il suo indirizzo di Copenhagen e l’impegno di raggiungerlo a casa. Sul momento non inserii la Danimarca nel mio itinerario di viaggio e continuai a girare, da solo o con compagni occasionali, per gli incantevoli paesi e per le ordinate città della Svizzera.

Volevo visitare anche la Germania del sud ed a Zurigo certi momentanei compagni di viaggio italiani mi affidarono ad una ragazza tedesca di nome Karin che veniva dall’Italia e doveva raggiungere il suo paese natale nel nord della Germania: Bad Segeberg. Karin era bella, forte, ma poco cortese; non aveva più soldi o quasi, aveva una gran fretta di arrivare e, per questo motivo, m’insegnò a viaggiare rapidamente sulle autostrade tedesche. Raggiungevamo le grandi Stazioni di Servizio, guardavamo il paese di origine indicato sulla portiera dei camion posteggiati mentre i conducenti erano andati a pranzo, e Karin sceglieva il camion con la destinazione più lontana per chiedere poi ai conducenti un lungo passaggio. In questo modo viaggiavamo rapidamente lungo le autostrade ma non vedevamo niente della città tedesche. Il cielo era sempre coperto e quando l’autostrada traversava un bosco sembrava che si facesse buio come di sera.

La sera successiva ci fermammo all’Albergo per la Gioventù di Stoccarda e vi mangiammo una minestra calda. Dopo cena rimanemmo sulla veranda ad osservare le luci della città lontana. Giovani tedeschi cantavano una loro canzone. Karin rimaneva silenziosa con la palma della mano pressata sulle labbra. Era bionda ed i capelli avevano sfumature d’oro. Al mattino successivo, percorrendone le strade, ebbi l’impressione che la città fosse tutta un cantiere. Si ricostruivano le case distrutte dalla guerra e le macchine che trituravano i mattoni o quelle che impastavano il semento facevano un gran rumore, mentre gli uomini sulle impalcature lavoravano in gran silenzio.