Una marcia di 15 mesi

Dopo tre giorni giunge il turno del nostro sbarco, è sera, l’aria perciò è respirabile. Intontiti si lascia quel crogiuolo di acciaio galleggiante e s’inizia una marcia lunga che durerà 15 mesi. Per i primi km. il percorso è illuminato a fotoelettriche e poi, ormai lontani dalla città, si prosegue nel silenzio della notte. Assonnata e stanca procede la colonna. Dogali: il ricordo dell’immolazione dei nostri predecessori impone un minuto di raccoglimento e l’onore della presentazione alle armi. Ghinda: giorno di Pasqua, ci sorbiamo assieme ad una densa pioggerella un tremendo discorso, forbito di minacce del sanguinario comandante la Div. Gavinana, Gen. Maravigna, il discorso della montagna. A tappe notturne, o molto mattiniere, si giunge a Nefasit dove la sosta si protrae per diversi giorni. Desta una certa curiosità vederci marciare. Con un po’ di conversazione, un canto o un frizzo cercavamo di tenerci desti, ma prima a dopo il sonno vinceva. Il pittoresco quadro della colonna dal passo strascicato risalta nello sfondo crepuscolare delle fresche albe e nel silenzio di bocche cucite dal sonno e dalla stanchezza, risalta pure armonico il tintinnio degli attrezzi da trincea urtati contro i foderi delle baionette pendenti dallo stesso cinturino sul fianco sinistro.