Mestieri
artigianoLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
Palestina, Sud AfricaData di partenza
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)La destinazione finale per Tebaldo Giusti, prigioniero degli inglesi durante la Seconda guerra mondiale, è il campo di detenzione di Zonderwater, in Sud Africa, uno dei più grandi allestiti dagli Alleati dove transitarono oltre centomila soldati italiani catturati.
Dopo 2 settimane precise di navigazione, faceva molto caldo, arrivammo al porto di Durban il 23 settembre 1942, giorno del mio compleanno, circa 1000 km prima del Capo di Buona Speranza. Sbarcati, avemmo una bella sorpresa: gli Struzzi. Attaccati ad un piccolo calessino, con ruote gommate, viaggiavano ad una velocità superiore di un cavallo da corsa e portavano sul calesse una persona. Saliti in treno ci portarono al piccolo campo di smistamento di Pietermaritzburg, circa 100 km verso nord. Quei 15 giorni, non furono male. Poi, ripartimmo, con il treno con carrozze a cuccetta. Venti ore di viaggio e raggiungemmo Zonderwater, 30 km a sud di Pretoria (Sud Africa) una zona ondulata con colline e ripiani. Nel campo di concentramento erano stati costruiti 15 blocchi, ogni blocco era recintato da un semplice filo spinato. Di giorno non c’era nessuna sentinella, di notte qualcuna, ma poche. Ogni blocco era formato da 4 campi, non divisi. Ogni campo ospitava 1000 persone. Era stata occupata una zona vastissima, circa 2 o 3 km da un’estremità all’altra. Un primo breve periodo lo passai al 3° blocco, nei primi tempi dormimmo in terra, sotto la tenda, in 10 persone. La temperatura era mite, come da noi qui, in primavera inoltrata, quindi non era, infine, un gran sacrificio dormire in tenda, per un militare. Dimenticavo di dire che nel viaggio Durban /Zonderwater, tutto intorno nella zona di Pretoria, (ossia la sede del governo, ma la capitale del Sud Africa è Città del Capo), vi erano grandi quantità cli carbone fossile. Anche per cucinare si usava tutto carbone. Immaginatevi quanto ne veniva consumato, essendo 40-50.000 ed anche 60.000 persone, ne veniva consumato più di qualche kg. Vediamo ora com’ eravamo amministrati. Tutto era gestito da noi, solo alla porta di ogni blocco (4 campi) vi erano 2 o 3 soldati sudafricani, forse per alcuni controlli, ma non so quali, tutto il resto, cucina, servizi, tutto era gestito da noi, sotto la direzione dei nostri sottufficiali, dal sergente al maresciallo. I nostri ufficiali non erano con noi, c’erano solo i dottori per gestire tutte le infermiere e l’ospedale. A questo punto mi torna alla mente una mia trovata, ma non solo mia. Siccome, il babbo e due miei zii, avevano le vene varicose, feci richiesta di una visita, all’infermiera del campo, così mi mandarono subito all’ospedale. Perché lo feci? per andare a passare un paio di settimane, a dormire nel letto con le lenzuola! Il risultato delle visite io lo sapevo già. Erano piccole macchie in fondo alla gambe. Il medico sudafricano disse: Varici. Comunque 2 settimane le passai a dormire in un letto. Due anni prima avevo fatto lo stesso, quando ero ancora in Palestina. Ebbi la possibilità di avere una purga un po’ ardita, così la presi. Pensarono che fosse diarrea, mi mandarono subito all’ospedale, dove rimasi parecchi giorni. Torniamo alla vita nel campo, 100 prigionieri formavamo una compagnia, con a capo un sottufficiale di vario grado. Nel campo c’era anche un cappellano militare prigioniero come noi ed ogni mattina c’era la messa. Per dire la verità, i primi 3 mesi non furono belli, il mangiare non c’era a sufficienza, si facevano 3 pasti , ma un po’ scarsi. Peggio ancora fu per quelli, che arrivarono 1 anno prima di me. Basti pensare, che per sistemare decine di migliaia di prigionieri, che avevano bisogno di tutto, ci vogliono tempo e mezzi. Avevo letto su un giornale in lingua italiana, ad Alessandria d’Egitto che tra il 5 gennaio ed il 16 febbraio 1941, da Bardia fino oltre Bengasi, catturarono120.000 prigionieri, e ciò credo che basti per capire. Ma per quegli altri disgraziati che mandarono come alpini in Russia fu ancora peggio. Un libro che ho letto riportava che in Russia usavano i muli per trainare i cannoni sulla neve, lasciando semmai i soldati senza mangiare per 3-4 giorni. Si diceva che era già un lusso trovare qualche buccia di patata. Io mi ritengo fortunato e ringrazio Dio. La guerra per me durò solo due ore e mezzo. Fu brutta, perché fra noi 36 soldati, vi furono alcuni morti, a partire dal nostro comandante. Mi considero fortunato anche come prigioniero, perché passai i primi 15 mesi in un ambiente decente, e perché essendo stato ferito, rischiai anche di perdere il braccio. Perché? Pur essendo stato ben curato, non avendo pulito la ferita, con l’osso in briciole, rischiai di perderlo.Ringrazio ancora Dio. Come era la vita nel campo? Nei primi 2 mesi monotona. Un giorno arrivò la notizia, che sarebbe stata organizzata la scuola elementare, la 5°elementare, per la precisione, e dopo saremmo passati alla scuola media, e così fu. Siccome purtroppo tra di noi, tra i 20 e venticinque anni, vi erano parecchi analfabeti, qualche decina di noi, di ogni campo, accettammo quest’ottima occasione.
Fu un’ idea del Colonnello Prinslow, comandante dell’intero campo di concentramento, con la collaborazione di tutti i nostri cappellani militari. Così per un paio di mesi io ebbi un vero insegnante elementare che, non avendo fatto il corso per ufficiale, come tutti facevano all’epoca, era soldato come noi tutti. Dopo qualche mese, passammo alla scuola media. Come libri di testo c’era poco, io mi copiai un libro intero di matematica. Di qualche materia avevano fatto delle dispense ciclostilate, il resto si copiava. Gli insegnanti erano più che altro studenti universitari, soldati non laureati, per esempio quello di francese, essendo residente in Francia, era venuto per il servizio militare in Italia e ci insegnava il francese, e cosi via. Dopo circa un anno, a causa delle partenze per l’Inghilterra, l’Australia andò tutto allo sfascio. Durante l’ultimo periodo di scuola successe un fattaccio. Era dopo l’otto settembre 1943. Sembra che qualche nostro comandante di compagnia, un sottufficiale avesse incaricato qualcuno per indagare le nostre scelte politiche, se dalla parte del Duce o del Re. Io, un amico di Roma, (De Santis), ed uno di Pesaro, fummo tirati fuori dall’impiccio dal nostro comandante di compagnia. Noi 2 amici sapemmo del fatto, la mattina dopo. Successe questo: la sera, dopo cena, andavamo nei refettori, noi studenti in refettorio, tutti gli altri, negli altri 3 refettori. Non so cosa combinassero, sembra che vennero i soldati con le camionette e fecero l’elenco dei simpatizzanti del Re e del Duce, la mattina ci portarono tutti al campo sportivo e fecero l’appello, quelli del Re da una parte, quelli del Duce dall’altra. Quelli che erano stati considerati Fascisti furono portati in un campo a parte, non che avessero un trattamento diverso o una punizione, ma potevano cantare “giovinezza”, fare sfilate. Dopo circa un mese successe un fatto interessante, almeno così pareva. Domandarono se qualcuno avesse voluto fare l’attendente, ossia servizio ad uno ufficiale sudafricano a Pretoria, la capitale. Io, che stavo studiando l’inglese, accettai. Invece fu una truffa. Si trattò sì di ufficiali, ma italiani. Fui trasferito dall’8° Blocco al 2°, dove c’erano degli ufficiali nostri, prigionieri, come me. Io reclamai che nei 10 mesi di militare non avevo mai fatto quei servizi e non accettavo di doverli fare ora. Nonostante tutto , mi capitò una bellissima occasione. In un campo di questo blocco, c’era l’Art and Craft School (Scuola arte e mestieri) Col. Prinslow, il comandante di tutto il campo di concentramento. Io scelsi la sezione meccanica, non tanto per imparare il mestiere, quanto per andare a scuola, per studiare le varie materie. Per esempio c’erano fisica e chimica ed avevamo come insegnante un maresciallo di Marina, che era competente in queste materie, e con una esperienza eccezionale, di almeno 35 anni, nella Marina Militare. Per le capacità che dimostrava era impossibile non seguirlo, tra le poche cose riportate a casa, ho ancora una dispensa di quelle materie. Per l’inglese veniva un laureato e facevamo delle piccole conversazioni, o raccontavamo delle piccole favole, ad esempio l’insegnante diceva: “tell me a fairy story” (raccontami una favola), risposta: “once upon the time”, (c’era una volta); all’esame d’inglese presi 87/100. Tornando alla vita di ogni giorno, bisogna dire che negli ultimi 2 anni passati lì, fu molto meglio. Ogni campo aveva il suo campo sportivo; con la rispettiva squadra di calcio, una Compagnia teatrale, non so se in tutti campi fosse così. Nel mio campo c’era una buona compagnia teatrale, tutti uomini, ma sapevano anche vestirsi da donna. Trovavamo fuori dal campo tutto il necessario per le recite. Questa compagnia andava talvolta a recitare anche fuori dal campo, poiché erano molto apprezzati. Tra le tante recite ricordo la “Vedova Allegra”.
Il viaggio
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