Mestieri
rappresentante di commercioLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Argentina, GermaniaData di partenza
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri) Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Il lavoro in fabbrica è alienante, l’aria irrespirabile. Ogni operaio proietta altrove il proprio essere, in un futuro costruito piano piano nei giorni di paga.
Il compito più leggero era pulire con una spazzola la parte esterna dei motori degli alberi di rotazione dei forni.
Il compito più duro era quando bisognava entrare nei forni rotanti, appena fermati, per staccare i blocchi di magma che si erano solidificati attorno agli assi elicoidali. I forni erano come dei grossi cilindri inclinati lunghi dieci, dodici metri e alti un metro e mezzo circa. Questo succedeva spesso di notte. La temperatura dentro i forni era altissima ed il lavoro fatto a colpi di mazza e scalpello, alcune volte anche con una sbarra di ferro, durava tutta la notte. Lì dentro non si respirava, dopo un poco e per il calore e per lo sforzo fisico il sudore scendeva copioso lungo il corpo infradiciando la tuta. Ma ancora peggio era quando le polveri fluttuanti nell’aria irritavano le mucose delle narici, dando luogo ad una abbondante fuoriuscita di sangue e non c’era verso di fermarla. Per tamponare il sangue usavo pacchi di salviette prese nei bagni.
Gli operai dicevano che non era niente. Poi ci si abitua!
Nel reparto lavoravano solo stranieri. Gli unici due tedeschi erano i due capi-reparto. C’erano tanti italiani, iugoslavi e greci.
Io lavoravo assieme con un greco, un padre di famiglia, tenace e silenzioso. Mi faceva vedere come si usava la pala e dove bisognava impugnarla per faticare meno.
Si lavorava duro in turni di 12/24 ore. Cioè 12 ore di lavoro e 24 di riposo. Sempre con questa cadenza, sabato, domenica o altra festa comandata che fosse.
Il tempo non era più scandito dal sole che si levava al mattino e tramontava alla sera, ma da un orologio appeso ad una parete visibile da ogni parte e dalla luce artificiale delle lampade al neon. L’orologio interno, quello fisiologico, era stato rilevato dalla sirena della fabbrica che annunciava l’inizio e la fine del turno. Il tempo di riposo in camera o nelle baracche era segnato dalla sveglia vicino al letto. In questo nuovo ordinamento, dove lavoro e riposo si alternavano senza soluzione di continuità, un’altra cosa era certa: la paga.
Il giorno stabilito ognuno riceveva il suo salario, senza dilazione e senza un Pfennig in meno. Questo era l’evento che riequilibrava la fatica e il tempo trascorso lontano da casa e rinforzava per riprendere quello che ancora doveva venire.
Uguale da dove il lavoratore provenisse, ognuno vedeva in quel gruzzoletto che si metteva in tasca il pagamento dei debiti alla bottega degli alimentari che in paese la moglie faceva per poter dar da mangiare alla famiglia, i libri per la scuola dei figli, affinché potessero arrivare all’università e non fossero poi costretti, come lui, a partire per guadagnarsi il pane. Infine, forse la cosa più bella, in quel gruzzoletto vedevano, mese dopo mese, il muro della futura casa che piano piano, mattone sopra mattone si stavano costruendo o che si sarebbero costruiti.
I più anziani erano già quasi all’ultimo piano o al tetto di copertura.
Nel loro immaginario si vedevano sulla strada del ritorno, pronti per andare a lavorare nell’orto dietro casa non più per obbligo ma per diletto, non più per bisogno ma per piacere, non più per comando ma per libero volere. Tutto il sacrificio di oggi, un oggi che poteva durare una vita, era per poi godersi il domani.
Domani significava un mondo di vivere diverso dal presente. Il domani … che forse non ci sarebbe stato! Perché il tempo, sia quello ritmato dal sole, sia quello ritmato dai turni di lavoro, comunque sia passa e va, finisce, è limitato. Ma loro questo non lo pensavano. Per loro il domani era una cosa certa che stava lì ad aspettarli, paziente e fedele, finché fossero tornati, per poi lasciarsi vivere.
Il domani! Che cosa era il domani? Il domani era vivere quella vita che loro tanto avevano rinviato ma desiderata. Il domani era stare a casa propria, occuparsi della propria roba e vedersi i figli sistemati. Per il momento, al fine di compensare tutte le mancanze della vita che soffrivano, bastava una cassetta di birra – o quattro o cinque o di più- stare tutti seduti attorno ad essa, parlare e raccontare del paese e della gente come se la gente del paese fosse là dietro la porta della baracca.
Il viaggio
Mestieri
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