Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
CubaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Da L’Avana, Morena e Ivan si spostano in aereo nell’altra grande città di Cuba, Santiago. Anche qui dovranno faticare non poco per trovare un’accomodazione di loro gradimento.
Al mattino chiediamo subito se possono darci un’altra stanza con l’acqua calda e il bagno che funzioni. Ci rispondono che non ce l’hanno e che a Santiago non se ne trovano. Le case sono americane degli anni ’50, i sanitari pure, quindi non esistono i pezzi di ricambio. A sentir loro, dell’acqua calda non c’è bisogno perché “Santiago es muy caliente”. Carichiamo in auto i pacchettoni per Fidel (l’autista col quale hanno fatto amicizia i nostri “amigos italianos” e destinatario dei pacchi che ci hanno affidato per lui, contenenti pezzi per l’auto) e andiamo a cercarlo al suo indirizzo, sfidando molti cani, ma non è in casa. Ci dicono di riprovare dopo un’ora. Un “chico” si offre per farci da autista, ne approfittiamo per chiedergli se conosce case da affittare, e ci accompagna a una casa dove bussiamo ma non ci risponde nessuno. Julio e suo fratello sono chiaramente affranti per la nostra intenzione di andarcene da casa loro, ma si comportano in modo brillante. Julio ci accompagna alla ricerca di un’altra stanza, anche se temiamo farà del boicottaggio per convincerci a rimanere da lui. Passando davanti a una bellissima villa, con l’insegna all’esterno “Villa Hermelinda”, Ivan la indica e dice scherzando “questa per esempio va benissimo”; Julio si ferma e dice che forse affittano delle stanze. Siamo increduli. I proprietari ci accolgono invitandoci a vedere la “dependance” dove dovremmo alloggiare. Si passa dalla parte posteriore del cortile interno e si sale una scaletta. L’alloggio è completamente autonomo e il bagno funziona. Costa 15$ a notte, stessa cifra che abbiamo pagato da julio, se vogliamo ci servono anche la colazione per 2$, e volendo anche la “comida”, inoltre ci cambiano ogni giorno gli asciugamani! Ivan propone di passare prima da Fidel a consegnargli i pacchi e informarsi anche da lui se vuole alloggiarci, ma replico con decisione di rompere gli indugi e confermare subito la stanza. E’ stato bravissimo a individuarla, anche se per caso, e non credo proprio che troveremo di meglio. Questa volta Fidel è in casa, gli consegnamo i pacchi, ci informa che il suo “coche” è rotto fino a lunedi. Utilizziamo quindi ancora l’auto di Julio e ci trasferiamo con molta soddisfazione a Villa Hermelinda. Fa caldo, finalmente si sta a mezze maniche, alla Villa ci hanno preparato una colazione che sognavamo da un po’: spremuta di arancio, caffè, latte, pane fresco, formaggio e soprattutto papaya e un frutto straordinario che chiamano zapote, carnoso e dolcissimo. Ci sono anche le banane, che conserviamo per il pranzo in spiaggia. Julio torna a prenderci, insieme a sua moglie e alla bambina piccola e ci accompagnano alla spiaggia più vicina (Playa Siboney), gli diamo comunque 20 $ anche se non pernotteremo a casa sua. Nel frattempo incombono ormai familiari nubi minacciose, ma per noi metterci in costume e sentire l’acqua calda del mare è comunque una grande conquista. Restiamo sulla spiaggia solo un paio d’ore sia per il cielo che non promette nulla di buono, sia per la bambina piccola che bisogna riportare a casa. Sulla strada di ritorno, la colonna sonora è di Harry Belafonte, che Julio ci fa ascoltare da una cassetta prontamente messa nell’autoradio. Facciamo una tappa per fotografare la “Granita Siboney”, la casa dove Fidel Castro e i suoi compagni prepararono l’assalto alla caserma Moncada nel 1952. Il paesaggio è molto bello, in lontananza si vedono le cime delle montagne della Sierra Maestra coperte da verdi alberi secolari, sovrastati da voli lenti e rotondi di avvoltoi chiamati “tiriosas”.
Visitiamo la casa di Diego Velasquez, la più antica di Santiago anzi di Cuba, bella da togliere il fiato, ricca di atmosfere della sua epoca, oltre che di altri aspetti originali come i mobili intarsiati, il patio, la fonderia per fondere l’oro. Tutta la casa è circondata da una specie di grata di legno, che consente di vedere fuori tutta la piazza senza essere visti dal di fuori. In una stradina adiacente c’è la “Casa de la Trova”, un gruppo di musicisti suona in mezzo a ritratti di epoca e facciate di muri gialli e rosa in un vicolo che sbuca su una strada con delle “tiendas” che vendono i soliti souvenir, di dubbio gusto come in ogni altra parte dell’isola (bamboline col volto dipinto di nero, bicchieri e portacenere col volto del Che e di Hemingway). Dopo due ore esatte passate nella piazza e dintorni cominciamo a dare segni di nervosismo: appena abbiamo tentato di sederci su una panchina ci si è appiccicato un certo Ramon, munito di un giornale con le foto dei manifesti che sono stati affissi a Roma in questi giorni in occasione della visita di Fidel Castro. E’ molto informato, ci dà una serie di suggerimenti per il nostro soggiorno e si dichiara assolutamente “disinteressato” mentre tenta di affittarci una stanza da un suo amico, un taxi da un altro suo amico, insomma realizziamo che di mestiere fa il mediatore. Lui e Clara, la sua fidanzata da 4 anni (ci hanno tenuto molto a darci questa informazione) ci ricordano i “principi”, i due falsi nobili che derubano Joe nel film “L’uomo delle stelle”. Dopo circa mezzora tentiamo di seminarli, frastornati da tante chiacchiere, e mentre ci allontaniamo, è un succedersi di richieste di biro, dollari, taxi, saponi. Siamo sommersi di richieste di elemosine anche quando entriamo nella cattedrale e ci sediamo, ma siamo costretti a scappare, il pressing è smisurato. Nel frattempo abbiamo trovato in una libreria il “Diario del Che in Bolivia” nella stessa edizione illustrata di quello a casa di Sasy a L’Avana. Vorrei comprare un panino (bocadillo) ma non abbiamo neanche un pesos perché Ivan ha elargito tutti i dollari di piccolo taglio e i pesos a ogni questuante…. In un baracchino di legno tento dì comprare un bocadillo ma non hanno il resto per una banconota dì grosso taglio, a quel punto interviene un ragazzino che dà una monetina alla donna che li vende e dice che mi regala il bocadillo. E’ chiaro che accettando, entriamo in un ginepraio, infatti anche rifiutando non riusciamo a seminarli per almeno un centinaio di metri. Per tornare a casa prendiamo senza alcun dubbio un taxi ufficiale. L’acqua calda esce solo per pochi secondi, poi diventa fredda, non dovendoci lavare anche i capelli stasera non è un grosso problema, anche perché fa abbastanza caldo per stare a mezze maniche, e se sto io a mezze maniche deve fare veramente caldo. Questa sera ceniamo a Villa Hermelinda: stamattina a colazione abbiamo accettato la proposta della “comida” serale, prenotando “langosta y camarones”, anziché andare a cenare in un paladar. Il padrone di casa, Carlos, è un insegnante universitario di Zoologia, il cui stipendio mensile non arriva a 20 dollari, e come tanti altri fornisce alloggio e pasti ai turisti. E’ molto piacevole scendere dalla nostra “dependance”, attraversare il cortile interno ed entrare nell’atrio per raggiungere la sala da pranzo della villa, che è davvero bella, a cominciare dai pavimenti, alle tipiche poltrone cubane di palissandro (credo), colonne di legno, sedie a dondolo.
Il viaggio
Mestieri
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diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
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1996Periodo storico
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