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AustraliaPeriodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Stelio Pandolfini ha saputo dell’esistenza dell’Archivio dei Diari, fondato da Saverio Tutino, sul quotidiano Liberazione. Si è ricordato di conservare da oltre cinquant’anni una lettera che merita di essere conservata in quel luogo. La spedisce all'Archivio accompagnandola con queste parole:
"Saverio Tutino Pieve Santo Stefano La lettera che allego m’è stata dettata da una madre disperata, più di mezzo secolo fa. Lettera mai arrivata al destinatario, rimasta nelle mie mani, dato che quando andai a portarla a chi avrebbe dovuto consegnarla questi era già partito. Di lì a poco tempo la signora moriva, senza che io, per non toglierle l’ultima speranza, di questo le avessi detto niente; anche perché aspettavo di trovare prima o poi un altro corriere. Sapevo della sua encomiabile iniziativa, però solo leggendo adesso su Liberazione ho appreso che nella raccolta rientravano altresì le lettere. Le spedisco questa missiva mai letta con emozione. Lo faccio perché mi pare essa ben rappresenti un autentico documento sulla miserevole condizione umana; condizione uguale nel tempo, che nessun avanzamento scientifico potrà mai migliorare, destinata quindi a rimanere, come nel passato e nel presente, sempre miserevole. Con i sensi della mia stima".La lettera allegata era destinata a Francesco, il figlio di Concetta partito da qualche anno per l’Australia.
Dopo i primi tempi, in cui ha corrisposto regolarmente con la famiglia, Francesco ha interrotto ogni comunicazione. Mamma Concetta, inizialmente preoccupata, ha saputo però che il figlio sta bene, anzi: ha avuto successo. Decide quindi di rivolgersi a un conoscente, Stelio Pandolfini, perché le faccia il favore di battere a macchina la lettera e si incarichi di affidarla a una terza persona in partenza per l’Australia. Desidera infatti che la lettera venga consegnata direttamente nelle mani del figlio.
Eccola.Mio sempre amato figlio
Dopo tanto tempo che non ricevo più tue risposte e perciò pure io ho smesso di scriverti, approfitto della venuta di uno che ti conosce bene per dirti quello che ho da dirti.
Tu sei sempre mio figlio, carne della mia carne, vita della mia vita, e fino a che Dio mi dona vita non ti mancherà mai il mio affetto di mamma, però devi sapere che con questo tuo comportamento muto mi hai spezzato il cuore e levato la voglia di vivere, che se non era per questi altri due tuoi fratelli che ho in casa mi bevevo un bicchiere di varechina e così la facevo finita.
Non pensavo mai che in una famiglia attaccata come la nostra poteva succedere una cosa così, che un figlio partito con la speranza di migliorare per tutta la famiglia di poi una volta partito a poco a poco si dimenticava di tutti e abbandonava i suoi cari al loro destino. Ogni tanto si sente dire, come no, che questo o quello partito per l’America non ha dato più sue notizie abbandonando moglie e figli, però qua la cosa è diversa, si tratta di gente che s’è fatta un’ altra famiglia e forse per vergogna o altro ha rotto ogni comunicazione con quella vecchia. Ma tu? Tu non avevi di questo bisogno, perché potevi farti tutte le famiglie che volevi senza però dimenticarti della prima quella dove fosti nato e cresciuto e che lasciasti facendo un mondo di promesse.
O forse, dato che hai fatto fortuna e hai a che fare con persone altolocate ti pensi che il nostro stato incivile e cioè di non averti potuto dare il cognome di tuo padre, ti può danneggiare e così hai deciso di non correre rischi tagliando ogni ponte?
Se è per questo devi sapere che se tuo padre, che era un nobile decaduto e aveva fatto figli a destra e a sinistra, non ha voluto intendere di fare atto di riconoscimento, non potevo certo costringerlo o ammazzarlo. Mi rimproveri, io povera orfanella cresciuta in mezzo alla miseria più nera, di avere ceduto al suo fascino e alle sue promesse? Pensa allora che se non andava come è andata tu oggi non eri a questo mondo, e ora non godevi quello che non potevi godere stando qua. E pensa ai tuoi fratelli e a tua sorella, che poveretti non hanno goduto niente prima e niente godono adesso che s’aspettavano il tuo aiuto. Possibile che ti sei dimenticato di tutto e di tutti, che ai primi guadagni ci hai fatto tirare fiato mandandoci quanto potevi mentre ora che sei diventato ricco ci lasci nella più completa miseria?
Ti ricordi di tuo fratello Gianni, quell’angelo di Dio che per lasciare a Mimma la sua fetta di pane diceva sempre di non avere fame, la creatura, fino a che non se l’inghiottì la tubercolosi? Come m’avevi detto alla sua morte? “Mamma, se mi riesce di partire per terra più fortunata….”.
E io per pagarti il Loid Triestino e farti imbarcare per l’Australia ho venduto la cosa più preziosa e cara che tenevo, la collana col ritratto della mia povera mamma, e pure la lana dei materazzi. Potevo mai sapere che partito con la mia santa benedizione, tra lagrime e promesse, una volta raggiunto lo scopo pensavi solamente a te stesso? Ciccio! Ciccio!
Abbiamo saputo che te la passi così bene che tieni pure una scuderia di cavalli. Intanto qua tua sorella, l’unica tua sorella, dopo avere inutilmente aspettato con tuo aiuto di farsi un piccolo corredo è andata sposa come abbiamo potuto; fortunatamente che ha trovato un brav’uomo che se l’è presa come Dio l’ha fatta e ora hanno due bellissimi bambini che sono la gioia e il conforto della mia vita sventurata. Poi c’è Ninì…. Ti ricordi come l’hai lasciato, con quelle due gambe magre magre e quei piedi che non ce la fa a camminare; solamente un’operazione, se lo portiamo da qualche professorone per quelle parti là sopra, lo può aggiustare, ma i soldi chi ce li dà? Intanto sta imparando a fare il sarto, come te e Gianni, e pare che promette bene. Saro, l’altro tuo fratello che volevi tanto bene e te lo portavi sempre con te, quando ti nominiamo scappa via e quando torna ha gli occhi rossi di uno che ha pianto.
Ora è grande, ha la tua età di quando sei partito, è alto e tutto ossa per lo sviluppo senza il dovuto sostentamento. Fortuna che ha un amico che si trattano come fratelli, e questo amico che se la passa bene ogni tanto se lo porta nella dispensa della sua casa e gli fa prendere quello che vuole.
Ma tu queste cose non t’interessano, che te le conto a fare? Se t’interessavano ora non stavo a scriverti così. Ad ogni modo io non posso fare niente per cambiarti; ti voglio solo dire che un’altra al posto mio ti maledirebbe, io invece continuo a volere bene al figlio affettuoso che eri prima di lasciarci, questo Ciccio qua non m’appartiene. Punto e basta.
tua madre
Donato Concetta
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