Un medico per le campagne

Nei primi mesi del 1978 fui chiamato, dalla facoltà di medicina dell’università di Mogadiscio, all’insegnamento della psichiatria.

L’Università Nazionale Somala era nata grazie all’opera infaticabile e encomiabile del celebre chirurgo prof. Paride Stefanini. Egli non era nuovo alla istituzione di distaccamenti e facoltà di medicina, come era avvenuto con rigore e successo all’Aquila. Quando l’ho incontrato, ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad un grande maestro ed a una grande personalità. Successivamente approfondii la sua conoscenza e queste mie impressioni, trovarono conferma divenendo così convinzioni. L’università di Mogadiscio, di cui egli era il principale promotore, si articolava in diverse facoltà oltre a quella di medicina, c’erano anche quelle di ingegneria, veterinaria, chimica, geologia e linguistica. A proposito di quest’ultima facoltà, il corso era tenuto da un ottimo gruppo proveniente dall’università di Roma che svolse numerosi e apprezzati studi e ricerche sulla cultura, la letteratura e la musica del popolo somalo. Il lavoro si concluse con la pubblicazione dì un dizionario somalo-italiano e italiano-somalo. Gli studenti frequentavano prima dell’ammissione ai corsi, che avveniva per concorso, un corso di lingua italiana, la cui conoscenza era ancora abbastanza diffusa in Somalia. Gli studi medici si svolgevano in otto semestri, per la durata totale di quattro anni, con l’obiettivo di formare un “medico della comunità”, capace cioè di inserirsi anche nella società rurale somala, e non solo in quella delle città, che avevano ormai acquisito modelli occidentali. Si trattava di educare un membro in grado di promuovere e tutelare, dall’interno della propria società, la salute di tutte le comunità, non una specie di corpo estraneo, figlio o figliastro della cultura medica europea.