Prove generali di espatrio

Scrivevo sempre lunghissime lettere al mio tesoro laggiù, così lontano. Speravo che il 1953 mi avrebbe portato da lui in Australia, invece, dovevo attendere ancora una anno prima che ‘finalmente’ fossi stata in grado di fare ‘fagotti’. Non volevo pensare al dolore che avrei provato nel lasciare mia madre, le mie adorate sorelle ed i miei tre fratelli. Non volevo,perche ero tutta tesa egoisticamente a raggiungere la mia mèta che era quella di stare con mio marito e nostro figlio, tutti e tre insieme per sempre. E finalmente il grande giorno si stava avvicinando: andai a Roma ai primi di Maggio del 1954 con altre vicentine e Riccardo per le visite mediche.

Dopo aver visto il Centro Emigrazione di Roma, decidemmo allo unisono di prenderci due stanze da letto in un albergo per i due giorni che si doveva rimanere a Roma. Poi, il giorno seguente, all’Ambasciata Australiana ‘Ufficio Emigrazione’ per la intervista. Io feci ‘colpo’ pel fatto che parlavo la lingua bene e la capivo benissimo e gli Australiani mi fecero molte feste e sapendo dai documenti presentati,mi dissero che qualora avessi voluto insegnare in Australia, non avrei trovato alcuna difficoltà. Se solo avessero immaginato i ‘traumi’ a cui fui soggetta dopo, poverini, non l’avrebbero creduto. Ed io così piena di vita, ottimista e colma di fede, non vedevo l’ora di partire. Lasciare la mamma ed i fratelli non fu facile: ho sempre voluto tanto e tanto bene, allora, come adesso trent’anni dopo, a tutti loro. Dio mio, quante lacrime e che pena al cuore. Dell’Italia m’interessava ben poco; dovevano passare molti anni prima che rendessi conto di quanto invece l’Italia e gli Italiani in genere mancassero. […]