Il “muro di Tirana”

4 settembre 1990

L’unico fatto degno di nota è che migliaia di persone hanno ricevuto il passaporto e si affollano presso gli uffici visti delle ambasciate rimaste aperte. Il nostro “ufficio consolare”, situato fuori del nostro giardino, ha concesso in agosto circa 900 visti, mentre quello greco e jugoslavo ne hanno rilasciati ancora di più. Questi ultimi due sono diventati una bolgia, con continui tafferugli tra la gente in attesa: i giovani e i più forti scavalcano di prepotenza le persone anziane in fila. Il rilascio dei visti comporta problemi e ingiustizie di ogni genere: dato che gli aspiranti sono moltissimi e la capacità di smaltimento degli uffici non è sufficiente, i poliziotti albanesi che “disciplinano” le file selezionano i loro candidati, spesso scegliendo fra i propri conoscenti e coloro che allungano mance. Succede poi che, all’arrivo in Italia, molti chiedono asilo politico e nello stesso tempo dichiarano di non avere nessun mezzo di sostentamento. Qualcuno deve essere già stato rimandato indietro in Albania. Almeno, la gente pare aver capito che non potrà più emigrare penetrando nelle ambasciate, tanto è vero che si lamenta occasionalmente di essere stata “abbandonata” dagli stranieri. Continuano però le fughe via terra nei due paesi confinanti e via mare verso l’Italia e ci sono stati incidenti alla frontiera greca. Dopo il grande esodo di luglio, tutte le ambasciate sono state protette da cancellate più alte, con i ferri a punta incurvati verso l’eterno, o addirittura da muraglie, che ora racchiudono tutta la zona di via Skanderbeg. Già si parla scherzosamente in Occidente del nuovo “muro di Tirana”.