Una casa vera

Il mattino seguente, abbiamo ripreso la marcia, sempre in carovana; eravamo diretti verso Beda Littoria. A circa otto chilometri dal paese, si cominciava a intravvedere qualche casa colonica sparse qua e là e man mano che ci avvicinavamo, la carovana si accorciava perché ogni famiglia sapeva il proprio numero dai documenti ricevuti a sua volta, questi numeri erano contrassegnati sulla casa. La scritta era in nero su bianco, perché le case erano bianche, si vedeva ad occhio nudo tanto era il contrasto:  Ente Colonizzazione Della Libia.  Le case distavano circa cinquecento metri l’una dall’altra perché ognuna aveva il proprio terreno da lavorare. Quando il camion si è fermato davanti alla casa contrassegnata con N. 79, è stato un grosso sollevo perché eravamo tutti quanti stanchi e malconci, era naturale, eravamo in viaggio da dodici giorni. […]

Quando siamo entrati in casa, non credevamo ai nostri occhi: tutte le stanze erano ammobiliate, la cucina al centro col tavolo, due panche, la credenza con le provviste: pasta olio zucchero e tanti altri genere che occorrono per poter mettere a tavola una famiglia. C’erano persino i fiammiferi, cosa da non credere. Le camere da letto erano trè coi rispettivi letti e comò, il bagno alla turca, il forno per cuocere il pane. Alcuni metri dietro l’abitazione, c’era la stalla e gli attrezzi per la campagna. Le case erano tutte bianche, a un solo piano, coi tetti pari. Erano nuove, proprio fatte apposta per noi coloni. Ci sembrava una reggia, non avevamo mai abitato in una casa tutta per noi e perdipiù nuova, eravamo fuori di noi dalla gioia, cominciavamo a goderci qualcosa di reale.