Sbarco a Haifa

Era mia intenzione di iniziare la mia vita di lavoro all’estero e in particolare in Palestina. Mi rivolsi a tale scopo a diverse ditte ed enti, ma la difficile situazione in cui versava l’economia mondiale ostacolava la realizzazione delle mie aspirazioni.

Dovetti attendere ancora alcuni mesi per ottenere di essere assunto nei ruoli del Lloyd Triestino e di essere destinato all’Agenzia di Caifa.

Il mattino del 31 agosto 1933 quando apparve all’orizzonte la sagoma del Monte Carmelo dalla tolda del piroscafo ” ITALIA ” si levò una solenne e nostalgica melodia: Il Canto della Speranza: “Finché profondo in un sol cuore/ L’anima ebraica arda/ E alle spiagge del lontano Oriente/ Un occhio verso Sion ancor si volga/ La nostra speme ancor non è perduta”

La cantavano i “haluzim”, pionieri della ricostruzione, sventolando bandiere bianco azzurre, mentre la bianca nave con l’emblema di San Marco sulla ciminiera, si avvicinava lentamente alla costa. Gli anziani, avvolti nel taled, terminavano la preghiera mattutina e ringraziavano il Signore di averli fatti vivere sino a quel giorno. Uomini e donne provenienti dai grigi cieli dell’Europa centrale ed orientale vedevano nella chiara ed azzurra mattinata, riscaldata dal sole, una promessa. In quell’atmosfera si sentivano preparati a costruire con duro lavoro una nuova Patria: la Terra d’Israele, sostenuti dalla promessa fatta alla fine della prima guerra mondiale dalla Dichiarazione Balfour; quel lembo di terra in cui molti millenni prima erano vissuti i loro avi sarebbe diventato il loro “focolare nazionale”.

Non tutti si rendevano conto che a poppa del motoscafo che si avvicinava alla nave, con a bordo la polizia e le autorità sanitarie, sventolava la bandiera britannica e che in realtà sbarcavano in Palestina, un territorio del Medio Oriente sotto mandato del Regno Unito.