Pasta, pizza e mafia

Si parlava d’Italia. Fresh pasta, fresh pizza. Difficilmente gli stranieri notano qualcos’altro. Ah, sì, la mafia. E il senso della famiglia. I figli rimangono a casa fino a trent’anni. David aveva invitato a cena le nostre vicine di casa. Linda aveva portato il vino, Annika della frutta.

Io facevo su e giù dalla cucina per preparare il resto. Risotto con verdure, frittate. David si sentiva molto Hemingway, quella sera, creativo e anticonformista. Raccontò ad Annika che aveva scritto un romanzo e che stava aspettando la pubblicazione. Non feci commenti.

Beveva, discuteva con Annika della guerra in Jugoslavia, la guardava e beveva di nuovo.

“E tu, che cosa ti ha colpito, finora, dell’Australia?”, mi domandò Linda, sforzandosi di controllare il suo incomprensibile slang aussi.

Che è piena di scarafaggi e che c’è sempre qualcuno con un parente o un amico malato di Aids e che è facile andare avanti con il sussidio di disoccupazione. Non lo dissi.

“La gente qui mi sembra più anticonformista che in Italia”, risposi, seria.

Avevo detto la cosa giusta, notai, sorridevano tutti e tre, soddisfatti.

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