Novecento miglia

Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1859Data di ritorno
1860Periodo storico
Periodo pre-unitario (fino al 1876)Da Buenos Aires verso Salta, passando per Cordoba. Il giovane imprenditore milanese Luigi Canzi e il suo amico Moneta, interessato ad avviare una colonia nel Gran Chaco, attraversano l’Argentina a cavallo.
Bisognava decidersi sul modo di continuare il nostro viaggio. In diligenza nò, perché bisognava aspettare la partenza 21 giorni; il che equivaleva a gettare una 50 di Pesos per la finestra. Inoltre da Cordova in avanti questo modo di viaggiare diventava pericoloso e lento a cagione del paese montagnoso da attraversarsi. Moneta aveva una lettera di raccomandazione pel Governatore della Provincia Cordovese. Si recò a salutarlo e, trovatolo gentilissimo, comunicogli il nostro progetto di viaggio a cavallo. Spontaneamente allora il Governatore ci offerse una lettera di raccomandazione per tutti i mastri di posta dello stradale fin a Salta, l’accettammo con gran gratitudine e, se non quanto speravamo, però ci riescì assai utile; inoltre ispiravaci confidenza e risoluzione il sentirci appoggiati dalle autorità. Però l’idea che stavamo per intraprendere una cavalcata di nient’altro che circa 900 miglia ci metteva in grande orgasmo, e non finivamo dal domandare informazioni sulle nuove provincie che avevamo ad attraversare, sull’ospitalità degli abitanti, etc. Inoltre eravi anche la questione del cavalcare. In quell’epoca io sapevo tenermi bastantemente bene in sella però…purché il cavallo non s’intestasse troppo a farmela lasciare. E tra quelli che trascinavano la diligenza ne avevo veduto certi fare sorta di prodezze… Moneta poi ne sapeva ancor meno di me; appena appena sapeva doversi montare dal lato sinistro, e tenersi le redini nella mano manca. Ciò però invece di spaventarci ci servì di sprone che, pensavamo, a forza di cadere e cambiar cavalcature diverremo famosi cavallerizzi. Comperai una coperta, un poncho leggero per ripararmi dal sole, un pellon da rendere soffice il sedere della sella, a questa feci metter la fonda pel revolver, un morso al quale eravi un gran cerchio d’acciaio invece della grunetta, Yerba, mate, zucchero e bombilla. Avevo deciso di ingaucharmi. È incredibile la curiosità che intanto ci perseguitava. In tutte le botteghe, a quanti vi parlavano, bisognava dire dove andavamo, chi eravamo, da dove venivamo etc. Ma tali domande ce le facevamo francamente. Ad esempio, entrati in una bottega per chieder di alcuna cosa, dopo averci soddisfatti il padrone era capace di domandarci di botto “e come si chiamano lor signori?”. L’era dura per le nostre abitudini Europee! Pagammo il conto dell’alloggio, con un’aggiunta, per parte mia, di buon numero di partite perdute al bigliardo con quel canaglia di padrone; fecimo i conti di tasca e, trovandoci di assai alleggeriti, gran propositi di economia. Ci prefissimo per prima giornata le due stazioni del Rosario e di Serra; la prima di cinque leghe, per il mattino, l’altra, egualmente lunga, pel dopo pranzo. Ci coricammo ma senza sonno; ed era un continuo parlare delle vicende probabili del giorno appresso. “Che capitomboli” dicevamo ” almeno potessimo far discreta figura qui in Cordova”.
E poi pensavamo ai Gauchi, ai selvaggi ai quali dovevamo passare assai vicino attraversando la provincia di S. Jago. Ma in un cantuccio della stanza presso alle selle vedevo il mio eccellente fucile, il revolver, il coltellaccio e mi rassicuravo. Ya stan los cavallos, Senores. Così fummo svegliati il mattino per tempo dal Gaucho che conducevaci i cavalli e doveva poi servirci di guida. Appena balzati dal letto corremmo alla porta per vedere le cavalcature. Mio Dio! che bestie…Se mi passò subito ogni tema d’essere scavalcato, mi passò però egualmente ogni illusione poetica che m’ero fatto. Erano quattro ronzini, magri, curvi, ed in posizione sì umile che pareva fiutassero continuamente la terra. Feci un rumore infernale, strepitai, “quelle non erano le bestie da darci, riclamerei etc.” Il Gaucho si scusò dicendo la campagna esser arsa, mancar l’erba, trovarsi difficilmente cavalli grassi. Ciò era vero, ma la principale cagione dell’averci trattati così male sì fu l’aver noi dimenticato la mancia al capo mastro, come usasi nelle città. Montammo in sella e, altro che temere d’esser gettati a terra; dovevamo lavorar di braccia e talloni per avvanzare al passo! Erano 9 giorni che viaggiavamo con stenti e con un caldo indescrivibili, eravamo stanchi, sconfidenti per la cattiva accoglienza, avuta nelle ultime due poste; qui ci vedevamo ben ricevuti, v’erano delle case discrete, c’era gente, pochi cani, carne, uova, latte, focaccie di pane! Che più? Decisimo quindi di farvi una halte di una giornata. Moneta vi fece da medico. Ad ogni istante quei curiosoni ci domandavano la nostra professione, e noi ne inventavamo d’ogni sorta tanto per accontentarli. Alla Chilqua io fui Ingegnere, Moneta Medico. Ma lui vi trovò occupazione.
Una povera donna aveva da poco malamente partorito e chiese quindi caldamente il consiglio dell’Estranjero. Egli recò a visitarla e dopo mature considerazioni le ordinò… un brodo all’ovo! Fù per un filo ch’io non tornassi dalla Chilqua a Buenos. Ayres. Quelle trecento miglia fatte in carrozza non vedendo altro che pianura e prato, la sete sofferta, la fame, la stanchezza, il nessun scopo di recarmi io a Salta, non entrandoci per nulla nell’affare della colonizzazione e non essendovi in quella città e dintorni nulla di veramente rimarchevole, un vivo desiderio di vedere il Paraguay che tutti mi predicavano interessantissimo; tutto ciò mi svogliava di continuare il viaggio con Moneta, ed espostogli questo mio divisamente e le ragioni che mi inducevano ei non trovò che dirvi e già avevamo spartito i nostri bagagli, il giorno appresso dovevamo separarci, quando conversando venimmo a parlare del Chili. Bastommi ciò per cambiar di nuovo i miei progetti. Decisi di recarmi a visitare quel paese, passando quindi per Salta che era il cammino più facile. Tutto ciò in due ore: invece di Salta il Paraguay, invece di questo il Chili.
Il viaggio

Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1859Data di ritorno
1860Periodo storico
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