L’arrivo a Tripoli

Dopo una traversata con un mare più che tranquillo giunsi finalmente a Tripoli. Nessuno mi aspettava. La confusione sulla banchina era alle stelle, gli Arabi si agitavano fra i passeggeri come formiche per accaparrarseli. Grida, spinte, questa nuova lingua così strana che mi penetrava nel cervello, trovarmi quasi per incanto in una città così differente dalle nostre, in quel ballaime al quale non ero né abituato, né preparato, il caldo soffocante, le grida sempre più acute, mi misero in uno stato di confusione, tale, che non riuscivo più a muovermi. Non avevo l’indirizzo dell’Eiar, ma sapevo che la Direzione si trovava nei locali della fiera. Mi rivolsi ad un ragazzino arabo e chiesi se poteva trovarmi una carrozzella con cocchiere italiano. Il ragazzino sparì nella folla e dopo una buona mezz’ora tornò dicendomi: “Signore, non avere trovato cocchiere italiano, essere solo arabi e siciliani”. Sorrisi e mi feci portare da un “siciliano” sino ai padiglioni della fiera. Dopo brevi convenevoli, il Direttore mi disse che l’indomani mattina sarei stato accompagnato nell’oasi di Zanzur, dove si stava montando il trasmettitore. Giunto a destinazione trovai una vera colonia genovese.